I seggi si sono appena chiusi e il verdetto è impietoso: 14 milioni di votanti su oltre 50 milioni di aventi diritto. L’astensione stravince, la democrazia perde – e non è la prima volta.
Siamo nel 2025. Tutti hanno uno smartphone, la connessione, mille sistemi di riconoscimento digitale (SPID, CIE, Face-ID, impronte, retina…), ma quando c’è da votare, puff! la tecnologia scompare. Si torna alle montagne di schede cartacee, ai timbri e ai luoghi stabiliti dai comuni. Due giorni di “democrazia” a giugno, con il caldo africano e le cabine elettorali deserte. Risultato? Record negativo e milioni buttati in un rito che ormai fa solo ridere (o piangere, a seconda della resistenza al caldo).
Ma davvero qualcuno si sorprende ancora? Siamo un popolo di persone che si fa i selfi, non di file alle urne. L’astensione è diventata una tradizione nazionale, quanto la pizza e il “vabbè, tanto non cambia niente”. Da decenni ci impongono governi mai scelti, cambiano regole elettorali come calzini, e ogni volta si grida allo scandalo della “crisi della democrazia” o alla “sconfitta clamorosa”.
SPID: La chiave che non apre mai la porta giusta
Avevamo lo SPID per semplificare tutto. E invece? Dichiarazioni fiscali sì, ma votare no. Firmiamo mutui e contratti online, ma per scegliere chi governa il Paese, serve ancora il timbro, la matita e la carta d’identità sgualcita. Se qualcuno non ha mezzi digitali, niente paura: si lasci pure il seggio fisico, ma la maggioranza degli italiani potrebbe risparmiarsi la scampagnata, il sudore e la perdita di tempo.
Piccolo dettaglio: ogni elezione costa centinaia di milioni tra stampa, personale, vigilanza e straordinari. Poi ci indigniamo per la spesa pubblica, ma i seggi deserti ce li teniamo stretti.
Voto Online: Fantascienza? No, realtà (altrove)
Mentre qui si dibatte se il voto online sia sicuro, fuori dal nostro stivale qualcuno si è già mosso – e da anni!
Esempi:
- Estonia: i-Voting nazionale dal 2005
- Svizzera: voto elettronico in diversi Cantoni
- Canada: voto online in molte città
- India: Electronic Voting Machines dal 2004
- Francia: i-Voting per cittadini all’estero
- USA: voto digitale per militari/disabili in alcuni stati
Nessuno di questi Paesi è esploso (si qualche esplosione c’è stata). In Estonia, la partecipazione giovanile cresce. Non è questione di tecnologia, ma di volontà (e coraggio) politica.
Crisi della democrazia? O solo un rito logoro?
Da quanti anni non vediamo folle entusiaste ai seggi? L’Italia non supera il 70% di affluenza dal 2008, e ai referendum va anche peggio. Governi tecnici, coalizioni ribaltate, riforme elettorali indecifrabili… tutto senza la nostra firma. La “crisi della democrazia” sarà anche una scusa, ma la verità è che l’esperienza del voto è rimasta agli anni ’70: carta, cabine, sudore, déjà-vu. Il tutto condito da appelli disperati che nessuno ascolta.
Click-voto, o almeno un dibattito serio
Non si tratta di abolire i seggi fisici: chi non vuole la tecnologia potrà sempre segnare la X con la matita. Tutti gli altri – studenti fuori sede, lavoratori all’estero, persone con disabilità, vacanzieri – potrebbero finalmente votare in un minuto. L’innovazione non è più un lusso: è una necessità.
«Ma il sistema ibrido non costa di più?»
Sì, all’inizio bisognerà finanziare sia il digitale sia un numero (ridotto) di seggi tradizionali. Ma, come insegna chi ci è già passato:
- la transizione è graduale,
- i costi fissi del cartaceo crollano,
- l’infrastruttura digitale si riusa per ogni tipo di voto,
- in 5-8 anni si spende meno di oggi.
Per chi non ha uno smartphone: postazioni pubbliche nei municipi, biblioteche, seggi “light”. Nessuno escluso, nessuna scusa.
Nel frattempo, mentre l’AI prende il vostro posto in fabbrica e vi licenziano per email, riflettete su questa beffa democratica mentre sorseggiate un drink in spiaggia. Chissà, magari la prossima elezione sarà solo su Zoom. Ma non fatevi illusioni: le cabine saranno sempre roventi e la democrazia, probabilmente, ancora in ferie.